La terapeutica artistica

Gli anni di formazione presso il corso specialistico di Teorie e Pratiche della Terapeutica Artistica sono stati due anni intensi di studio e sperimentazione di questa disciplina all’interno di diversi Atelier situati nei più svariati ambiti. Due anni di “abbraccio”, due anni di scoperte, due anni di conoscenza di noi stessi, dei nostri limiti e superamento di questi con lo scopo di portare l’abbraccio della Terapeutica Artistica all’interno di diversi enti e ambiti grazie alla capacità acquisita di studiare e organizzare un progetto e condurre personalmente un laboratorio. Al termine dei due anni di studio e sperimentazione, ho potuto realizzare il mio laboratorio di Terapeutica Artistica conducendolo e ideandolo personalmente, con la convinzione che l’Arte con il suo calore, potesse creare un “qui ed ora” di condivisione all’interno del quale ogni personalità avesse la possibilità di sentirsi parte di un unico abbraccio.

Con la scelta dell’utenza non ho avuto dubbi, sentivo la necessità di “esserci dopo”. Durante l’esperienza dei due anni di Terapeutica Artistica ho avuto il piacere di conoscere e collaborare con Giusy Versace e il gruppo di Disability. È stato un incontro folgorante in quanto grazie alle parole di Giusy ho scoperto quanto il trauma potesse essere punto di partenza per un nuovo ed inaspettato inizio fatto di relazioni, emozioni, condivisione e scoperte di sé. Una rinascita che dà l’idea di una farfalla, che da bruco, a larva, si trasforma in un insetto volante, colorato e vitale; la farfalla inizia la sua vita “strisciando” e, in seguito, attraverso un processo di trasformazione, impara a volare portando sulle sue ali i colori dell’arcobaleno. Essa ci insegna dunque che ogni metamorfosi, sia pure peggiore, possiede un suo ordine. Ecco che la scelta dell’utenza per il mio progetto è stata decisiva, passeggiando per le vie di un paese in provincia di Monza e Brianza, rimanevo sempre affascinata dall’immagine del logo di una Onlus: Il Ritorno. Il logo contiene l’immagine di una farfalla. Gli ospiti de Il Ritorno giovani e adulti che hanno compiuto quella trasformazione e sono diventati delle vere e proprie farfalle. In seguito a incidenti stradali o cardiovascolari, hanno vissuto lunghi periodi di coma e a questi forti traumi sono derivate disabilità e celebro lesioni.

E’ da considerare sin da subito l’impatto psicologico che ha la disabilità acquisita e la celebro lesione sulla persona e anche sul nucleo familiare di appartenenza. Ci si trova di fronte ad una totale estraneità e si sente sin da subito l’esigenza di rapportarsi con enti che possano dare il giusto supporto psicologico e la possibilità di mettersi in relazione con altre persone e famiglie che hanno vissuto la stessa trasformativa esperienza. Il laboratorio prendipARTE è stato pensato come mezzo grazie al quale la persona ferita potesse scoprire l’Arte come canale comunicativo, questo grazie alla scelta e all’utilizzo di materiali come le tempere, gli acrilici, la creta, la carta, lo stucco; materiali che, nella loro apparente semplicità di utilizzo, hanno consentito ai singoli di dimenticare quel senso di frustrazione che li ha accompagnati per diversi anni nelle loro vite. Lo scopo è stato quello di fornire al gruppo uno spazio neutro nel quale rel-azioni, emozioni, trame e tracce di vissuto colloquiano fra loro dando forma ad una comunicazione non verbale capace di far sentire il corpo nuovamente parte di un presente al quale non è stato strappato alcun passato, ma che piuttosto ha dato un valore aggiunto a tutto ciò che è stato.

Il gruppo si è ri-unito in un’unica energia capace di creare uno sfondo emozionale dal quale ri-partire, questo è il senso del “qui ed ora” che per mesi ha accompagnato l’Atelier di Terapeutica Artistica nella Onlus Il Ritorno. Obiettivo principale del laboratorio è stato quello di sostituire il vissuto di impotenza e isolamento con un più costruttivo vissuto di alleanza terapeutica e intraprendenza per combattere la perdita grazie all’Arte, vista come canale unico di comunicazione per fare urlare i silenzi delle repressioni, per lenire le domande di mondi inascoltati.

Donatella La Pietra