Testimonianze

Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore,

la cui continuità il cui senso è la nostra vita.

Si potrebbe dire che ognuno di noi costruisce e vive un racconto

e che questo racconto è noi stessi, la nostra identità.

Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi, possedere

e se necessario ripossedere, la storia del nostro vissuto.

Dobbiamo ripetere noi stessi, nel senso etimologico del termine,

rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi.

L'uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo,

per conservare la sua identità, il suo sé.

(O. Sacks, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello,

Milano, Adelphi, (tr.it.), 1986, pp.153-4.)



L’idea di coinvolgere gli operatori, i familiari e le persone colpite da cerebrolesione acquisita,  attraverso l’esperienza narrativa vorrebbe stimolare un  modo nuovo di considerare e trattare la disabilità, promuovendo una vera e propria rivoluzione personale e culturale.

L’esperienza del trauma e delle sue conseguenze fisiche, psichiche e sociali, una volta narrata oltre a divenire consapevolezza e volontà di “rimettersi in gioco” , potrebbe rappresentare un’occasione in cui si superino la logica della separazione e dell’emarginazione.

Narrare, raccontare e scrivere di sé significa uscire dall’isolamento, condividere un percorso, o parte di esso, insieme ad altri, trovare uno spazio di scambio, confronto, solidarietà; significa ripartire dalla propria storia e da sé  per occuparsene personalmente e, successivamente, andare incontro all’altro, alla sua storia capendo che anche  nella malattia non si è soli. E’ necessaria la condivisione: per sé, per l’altro che condivide la stessa condizione,  per l’operatore  che può meglio comprendere e aiutare, per la collettività tutta che va stimolata a conoscere per permettere all’altro di vivere al meglio. (RS)

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