La necessità latente, che mai sarà manifesta, riguarda la possibilità per un familiare di potersi riprendere sul piano lavorativo, occupazionale, sociale e anche del tempo libero per sollevarsi dalla gravosità della presa in carico. In virtù di questo bisogno nel marzo 1999, l’associazione crea un Centro Diurno per Disabili (di seguito CDD) che, in via sperimentale, si specifica nell’accoglienza di persone con cerebrolesione acquisita in seguito a un trauma cranico o a un danno cerebrovascolare. L’evento scatenante, avvenuto improvvisamente ha portato la maggior parte della nostra utenza ad un periodo di scarsa responsività e ad un risveglio, tanto sperato dai loro familiari, ma in un corpo che non è più quello di prima. L’età media degli utenti è di 35 anni circa e, divenire paraplegici o cerebrolesi o disabili è stato, all’inizio, come “… morire dentro. Con il tempo la vita è tornata ma solo in parte e con uno strano retrogusto” (come da alcuni commenti dei nostri utenti durante un lavoro “autobiografico”). Da quando il CDD è stato aperto, con l’intento di supportare le famiglie creando un luogo di “sollievo”, si sono attivati momenti di ascolto e sostegno, sia per i familiari che per gli utenti, e la struttura di per sé ha iniziato ad essere luogo di accoglienza alla persona, luogo di approfondimento delle proprie storie e “palestra” in cui sperimentare abilità e sperimentarsi. Grazie a questo percorso condiviso con i servizi sociali, con la famiglia, con gli utenti, volontari, l’intera equipe lavora con motivazione ed efficacia nella creazione di percorsi di recovery sociale, di empowerment, di ri-Abilitazione psicosociale più aderenti ai bisogni delle persone coinvolte.