CHI SIAMO
"BISOGNA INVESTIRE LA VITA DI SIGNIFICATO, PER POTERNE POI ESTRARNE UN SENSO "
(B. Bettelheim)
CHI SIAMO
L’Associazione IL RITORNO APS nasce dalla visione filantropica di GIANRICO OTTAVIO MACCABEO il quale sentì forte l’esigenza di offrire supporto a una famiglia il cui figlio aveva subito un incidente stradale. Nel 1992 Maccabeo crea una ONLUS cui molte famiglie si rivolgono per trovare informazioni e supporto. In breve tempo la ONLUS cresce senza mai abbandonare la visione etica e sociale della sua mission e adoperandosi per rispondere in maniera sempre più puntuale ed efficiente alle necessità dei suoi utenti. Alla scomparsa di Gianrico succede nel 2016 il figlio Silvio Maccabeo che ne segue le orme. Il sentiero è tracciato. Oggi l’Associazione IL RITORNO APS vive e si sviluppa sotto l’egida di Alberto Maccabeo, attuale Presidente.
Nella foto: Gianrico Ottavio Maccabeo, fondatore dell’Associazione IL RITORNO ONLUS
LA NOSTRA STORIA
L’associazione Il Ritorno come ONLUS nasce nel 1992 come associazione di volontari e familiari che si sono trovate sole ad accudire un proprio congiunto, vittima di incidente stradale o vascolare. Successivamente ha accolto persone con cerebrolesione acquisita secondaria a qualsiasi evento. Inizialmente le attività riguardavano: il trasporto, l’assistenza domiciliare, fisioterapia, logopedia, psicologia e abbattimento delle barriere architettoniche. Per il raggiungimento di alcuni obiettivi l’Associazione ha risposto direttamente, reperendo fondi con attività di volontariato (spettacoli, bancarelle, sport, cultura, tesseramento), per altri si è attivata cercando risposte presso le istituzioni pubbliche. I bisogni dei familiari, emersi successivamente, hanno riguardato più direttamente il bisogno di essere accompagnati in un percorso di supporto psicologico o domiciliare.
La necessità latente, che mai sarà manifesta, riguarda la possibilità per un familiare di potersi riprendere sul piano lavorativo, occupazionale, sociale e anche del tempo libero per sollevarsi dalla gravosità della presa in carico. In virtù di questo bisogno nel marzo 1999, l’associazione crea un Centro Diurno per Disabili (di seguito CDD) che, in via sperimentale, si specifica nell’accoglienza di persone con cerebrolesione acquisita in seguito a un trauma cranico o a un danno cerebrovascolare. L’evento scatenante, avvenuto improvvisamente ha portato la maggior parte della nostra utenza ad un periodo di scarsa responsività e ad un risveglio, tanto sperato dai loro familiari, ma in un corpo che non è più quello di prima. L’età media degli utenti è di 35 anni circa e, divenire paraplegici o cerebrolesi o disabili è stato, all’inizio, come “… morire dentro. Con il tempo la vita è tornata ma solo in parte e con uno strano retrogusto” (come da alcuni commenti dei nostri utenti durante un lavoro “autobiografico”). Da quando il CDD è stato aperto, con l’intento di supportare le famiglie creando un luogo di “sollievo”, si sono attivati momenti di ascolto e sostegno, sia per i familiari che per gli utenti, e la struttura di per sé ha iniziato ad essere luogo di accoglienza alla persona, luogo di approfondimento delle proprie storie e “palestra” in cui sperimentare abilità e sperimentarsi. Grazie a questo percorso condiviso con i servizi sociali, con la famiglia, con gli utenti, volontari, l’intera equipe lavora con motivazione ed efficacia nella creazione di percorsi di recovery sociale, di empowerment, di ri-Abilitazione psicosociale più aderenti ai bisogni delle persone coinvolte.
Il riconoscimento dell’altro nelle sue potenzialità esistenziali permette di coesistere nella molteplicità e nell’infinità degli aspetti della vita in tutte le sue forme. Guardare insieme al futuro, liberandosi da convenzioni e pregiudizi, ha permesso al CDD di ridefinire un contratto con le famiglie volto a promuovere cicli di incontri in cui pensare, costruire, riflettere sul futuro CON e PER gli utenti affinché il timore del “dopo di noi” fosse superato attraverso percorsi condivisi e attraverso la costruzione di una rete pronta ad accogliere persone che, nonostante i limiti, chiedono di ESSERE RICONOSCIUTE ancora come persone socialmente utili.
Il CDD perciò ottiene l’autorizzazione definitiva per 15 posti e con il trasferimento nel 2010 nella nuova sede di Corso Matteotti, 149 sempre a Seregno (MB) è stato accreditato l’ampliamento per 30 posti.
Successivamente, l’intera equipe ha lavorato nella creazione di percorsi di ri-Abilitazione psico-sociale, affinché si potesse procedere nello scambio di esperienze con altre realtà per “aprire” possibili collaborazioni con mondi diversi, per ambito professionale, ma vicini all’idea di ri-Abilitare la Persona e non una sua parte.
Lo strumento indispensabile, per permettere un buon accompagnamento della persona verso la responsabilità della sua presa in carico, è rappresentato dalla relazione e dal colloquio educativo, detto setting pedagogico e, in altri casi, anche un colloquio psicologico o di Counselling. Gli obiettivi del Progetto Individualizzato, educativi, assistenziali e multidisciplinari, una volta definiti con la persona, considerano i benefici, i vantaggi personali che il raggiungimento degli stessi comporta. La settimana presso il nostro CDD ha un calendario ben organizzato che raccoglie tutte le attività proposte ed erogate.
Nel 2011 è stato avviato il Progetto “E la vita continua: Consapevolezza e gestione della propria disabilità: l’utente diviene facilitatore sociale”, quando alcuni nostri utenti, dopo qualche anno di frequenza presso il nostro CDD e avendo recuperato fin dove possibile le proprie competenze, avevano chiesto al nostro servizio di essere aiutati a pensare ad un futuro che restituisse loro dignità come persone, e non come ammalati o disabili o handicappati. L’esperienza di tipo occupazionale, negli stage, con i suoi risultati soddisfacenti ha permesso alla persona di darsi il permesso di sentirsi competente e capace, nuovamente utile e pronta a riprendersi la propria vita nonostante alcuni limiti permanenti. L’accettazione del disagio da parte della persona, della sua famiglia che inizia A VEDERE le risorse del proprio congiunto e della società, è il primo passo verso la guarigione sociale, detta o conosciuta come “recovery sociale”.
A supporto della bella esperienza e dei risultati raggiunti, non solo in termini oggettivi (riuscire a impegnarsi in un ufficio al PC o in reception o a produrre documenti, in un negozio come commesso, in un circolo come volontario, rendersi disponibile con gli altri utenti in difficoltà …), ma anche soggettivi e portatori di incremento di autostima, il 17/02 2018 è stato aperto un circolo ARCI con l’ idea di modificare l’atteggiamento culturale sulla disabilità, prendendo coscienza di cosa essa significhi, attivando processi empatici, di rispetto, solidarietà e inclusione positiva.
Creando un circolo ARCI si è voluto creare uno spazio che offrisse qualità al tempo libero e opportunità di socializzazione ad adulti, giovani, bambini, anziani per rispondere alla logica dell’ integrazione dove gli interventi sono realizzati in modo da favorire lo scambio e l’interazione tra cittadini (compresi gli operatori e volontari del circolo) portatori di bisogni differenti con l’obiettivo di sviluppare la solidarietà sociale e il senso di appartenenza al territorio.
Il 5/07 2019 l’Associazione si iscrive come persona giuridica “IL RITORNO APS, registro regionale delle persone giuridiche private al n. d’ordine 2967.
Con il sopraggiungere della pandemia e tutte le disposizioni Ministeriali e regionali che hanno portato alla momentanea chiusura del CDD e graduale riapertura dello stesso, si è dovuto altresì sospendere e successivamente chiudere il Progetto “E la vita continua.Consapevolezza e gestione della propria disabilità: l’utente diventa facilitatore sociale” e il Circolo ARCI IL RITORNO.
Una volta attivata la riapertura a tempo pieno del CDD (sempre nel rispetto delle norme igienico sanitarie in essere) è stato proposto agli utenti un panorama di ARTI TERAPIE per permettere loro di DAR VOCE ai loro sentimenti che durante il lockdown non erano riusciti a manifestare, come spazio in cui ascoltarsi, narrarsi, esprimersi liberamente.
Nel 2020 è stata accolta definitivamente la riduzione del numero di posti dell’Unità di Offerta Sociale a ventitre.
Alla luce di un graduale miglioramento del quadro pandemico e delle nuove aperture sul territorio nell’anno 2021- 2022 abbiamo lavorato per potenziare anche gli aspetti relazionali di sperimentazione della rete esterna, ludico espressivi e miglioramento equilibrio, coordinazione e posturale.
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